Baldacci - Non uscire dalla pista!

“Desiderando esplorare la parete della Codra Cugnet, consigliai il professore Hassert e il grosso della carovana (composta di Nicola, un suvari, due guide edue kiragi) di raggiungere la Ciafa Boscit, a circa un chilometro di distanza, mentre io intendevo di riunirmi al gruppo prendendo, con una guida, per il bosco che continuava sopra la parete. E così fu. In cima alla parete, che dominava un piccolo versante in parte a prato, la guida si sdraiò per fumare, mentre io raccoglievo piante e annotavo. Tirava forte il vento. Mi parve di udire urla e fucilate, ma non vi posi mente, assorto come ero nel mio lavoro, e assuefatto alle une e alle altre nelle montagne di Albania, dove, sovente, i pastori si chiamano con quei mezzi da un monte all'altro per darsi notizie. Le urla e i colpi aumentarono e si fecero più vicini; alcune palle sibilarono accanto alla mia testa. Allora compresi il pericolo imminente ed infilai la fag­geta inseguito dai colpi. Giunsi trafelato alla Ciafa Boscit mettendo l'allarme tra i nostri, allarme che l'Hassert ricorda con le mie stesse parole: «Copritevi e preparate le armi; vengono gli Albanesi! » E aggiunge: « Nello stesso momento si udirono parecchi spari e le palle sibilarono sopra le nostre teste ». Erano circa le 10 ant. quando al fuoco successe dentro la boscaglia una eterna discussione a base di urla feroci. I nostri aggressori avevano riconosciuto Nicola e gli altri due Scialiani (Nicola era di Sciala) che noi avevamo portati per la bessa; a poco a poco le grida cessarono e quei forsennati si ritirarono seguiti dalle loro donne che erano rapidamente intervenute ad appoggiare gli uomini. Ci dissero che gli aggressori erano del villaggio di Dacaj e i nostri Scialiani ce ne diedero i nomi. La fortuna ci assistette. Dopo, la questione venne trattata in via diplomatica, senza portare ad alcun risultato. Anzi venne aperta contro di me una violenta campagna, sostenuta con calunnie velenose e in­famanti da parte di pochi Albanesi residenti all'estero. Il prof. Hassert, l'amico vero, il testimonio oculare, mi difese strenuamente in una pubblica conferenza tenuta a Vienna il 28 dicembre 1897 per conto di quella Società Geografica, e la parola calda e sincera di lui è consacrata nelle sue « Wanderungen », sicché ognuno può rendersi conto da qual parte stia la ragione. Gli aggressori si difesero adducendo che in quel tratto di strada che va da Plani ad Abata la bessa non aveva valore che lungo la pista e noi, che fummo scoverti fuori di essa, dovevamo, per ciò solo, venire assassinati. Io non discuto sul valore delle consuetudini che sono, in Albania più che altrove, l'immediata manifestazione della coscienza giuridica del popolo per mezzo di una pratica uniforme e costante, la quale ha origine, per lo più, da tempi remoti. Io so anche che le consuetudini costituiscono quella prima e più spontanea fonte di diritto positivo che si possa rintracciare fra un popolo come l'Albanese e considero la Lek Ducaginit uno dei monumenti giuridici consuetudinari più originali che ancora esistano nella vecchia nostra Europa; né ignoro pure che le leggi, di cui un giorno sarà eziandio provveduta l'Albania, scaturiranno da questo codice del popolo, e ciò sarà quando lo svolgimento della vita sociale ed il conseguente moltiplicarsi dei rapporti farà sentire il bisogno di dare al diritto dei capi tribù una forma più certa e meglio determinata. Ma non comprenderò mai la speciosa argomentazione che si volle sostenere nel nostro caso, e perché avremmo dovuto andare all'altro mondo con una palla nella testa per l'unico motivo che eravamo usciti dalla pista.”

Melograni
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