Paesaggi - Le Alpi Albanesi

“Le Alpi Albanesi costituiscono un complesso montagnoso assai ben caratterizzato per struttura, aspetti del paesaggio, veramente alpino, e forme di vita. Mancano tuttavia di un nome locale che tutte le abbracci; quello di Alpi Albanesi, per quanto bene appropriato, è usato nella let­teratura e nella cartografia, ma non dalle popolazioni locali. Il nome slavo di Prokletije, con il quale si vedono talvolta designate, si riferisce solo alla zona centrale più elevata, e ad essa corrisponde l'albanese Bjeshkët e Nemuna, il cui significato è quello di «Montagne Maledette».
Gli Albanesi distinguono poi la parte occidentale della montagna, cioè il versante che guarda alla conca scutarina a N del Prroni That, col nome di Malsija e Madhe (Montagna Grande), e quella meridionale e sud-orientale col nome di Malsija e Vogel (Montagna Piccola). Queste denominazioni corrispondono solo in parte a differenze di altitudini o di morfologia.
Di poco inferiori al Korabi, come altezza della massima cima, le Alpi Albanesi la vincono su tutte le montagne dell'Albania per compattezza, per altitudine media e per asprezza. Numerosissime sono le cime tra 2200 e 2600 m., frequenti anche elevati pianori dalle forme tormentatissime, tra 1700 e 2200 m. d'altitudine. Intagliate da valli profonde, ora con aspetto di gole selvagge, ora di ampi valloni verdeggianti di prati e di boschi, circondati da chiostre di pareti nude e precipitose, da creste dentellate e da cime ardite, le Alpi Albanesi formano uno scenario grandioso e sugge­stivo, che non tarderà a divenire la principale meta turistica dell'Albania. In passato, difficile era l'accesso a queste montagne, non tanto per lo stato primitivo della viabilità, quanto e soprattutto perché abitate da una po­polazione (in prevalenza pastorale) rude e fiera, gelosa della propria in­dipendenza.
Assai ben delimitate sono, quasi da ogni lato, le Alpi Albanesi. Verso S-W degradano infatti fino alla pianura della conca scutarina; a mezzogiorno raggiungono l'impervio solco del Drin, sia pure in gran parte con la più modesta massa montuosa accentrata intorno al M. Cukali (m. 1722), che i geologi distinguono a sé, ma che orograficamente è una dipendenza delle Alpi Albanesi: a levante discendono precipitose verso il fondo della conca di Tropoja, poco elevato; solo a N-W le Alpi Albanesi si allacciano strettamente agli altopiani carsici montenegrini. […]

La massa delle Alpi Albanesi ha grossolanamente il contorno di un quadrilatero, allungato da S-W a N-E per una cinquantina di km., su una larghezza massima (verso ovest) di circa 30 km. Vi mancano chiare linee di ordinamento orografico: nella potente pila di terreni, i corsi d'acqua hanno inciso profonde valli, smembrandola in una serie di massicci co­stoloni, di varia ampiezza, ciascuno dei quali porta cime elevate oltre i 2000 m., ma è privo di nome d'insieme. Le valli maggiori irradiano, verso ponente, mezzogiorno e levante, da un complesso imponente di alte cime, di creste e pianori rocciosi, di elevate conche carsiche, disposti intorno ad un valico importante per le comunicazioni verso la conca della Metochìa (Qafa e Pejës, tra la valle di Shala e quella del Lim. m. 1708). Di questo nucleo centrale delle Alpi Albanesi fanno parte la Maja Jeserce, che è la vetta più alta (m. 2694), la Maja e Radohinës (m. 2570), il Mali i Snikut (m. 2554) e diverse altre cime superiori a 2400 m. È a que­sto nucleo centrale che si addice l'appellativo di Montagne Maledette, per la loro asprezza e sterilità. Verso mezzogiorno si apre la lunga valle di Shala, rispetto alla quale le altre si dispongono con una certa sim­metria, a W e ad E. Nella prima direzione si aprono le valli del Cemi e del Prroni i That, che piegano poi a S-W. Tra la seconda di queste e la valle di Shala prende origine, già lontano però dal nodo delle maggiori cime, la valle del Kiri, incisa per la maggior parte entro la serie del Cukali. Ad oriente si aprono la Valbona e la valle di Nikaj-Merturi. Verso settentrione discendono solamente valli brevi, tributarie del Lim, oltre l'alto bacino di questo fiume, che appartiene già al sistema idrografico danubiano.

Le Alpi Albanesi hanno forme imponenti e pittoresche. Esse costi­tuiscono un lembo di paesaggio di alta montagna, che trova accentuati riscontri in alcune catene calcaree delle Alpi. Le valli presentano, rispetto alle cime, profondità di 1200-1500 m. e talora anche di più, fino alla loro testata, avendo le principali un fondo ampio ed aperto, nel tronco supe­riore terminante contro pareti altissime, ricurve a guisa di circo, solcate da canaloni detritici. […]
Lo sviluppo glaciale fu molto favorito dall'abbondanza di precipitazioni. Attualmente le Alpi Albanesi sono di certo una delle regioni più piovose dell'Europa; non si posseggono precisi dati meteorologici, ma vale ricordare che poco meno di un metro e mezzo di piogge all'anno, in media, cade a Scutari, già a qualche distanza dal piede stesso della montagna e due metri e mezzo sono stati misurati a Shkreli.
La neve ricopre nella stagione invernale di un estesissimo manto le Alpi Albanesi e sopra 1800 m. se ne conserva in abbondanza fin nell'estate avanzata. Secondo notizie raccolte dal Leutelt, a Thethi (Valle Shala, circa 800 m. d'altitudine) cadrebbero in media 4 metri di neve all'anno. L'estate è alquanto asciutta, però mancano venti caldi e le notti sono piuttosto fresche. Così la neve può talvolta conservarsi anche da un anno all'altro, non solamente nelle doline e nei crepacci carsici, ma anche su taluni versanti in ombra, e forse il limite climatico delle nevi non è oggi molto sopra 2700 m. Sembra che i nevai persistenti fossero più numerosi e più estesi nella prima metà del secolo passato.[…]

Nelle Alpi Albanesi la circolazione carsica delle acque assume grande sviluppo, particolarmente nelle parti elevate e sui ripiani degradanti verso il lago di Scutari, molto aridi. Nell'estate, anzi, i pastori che frequentano i pascoli alti debbono in certi luoghi ricorrere alla neve per procurarsi acqua. Più in basso gli orizzonti argillosi o marnosi e talvolta anche la stessa presenza di profonde incisioni nei fianchi, provocano la formazione di sorgenti, la cui alimentazione è certo in larga misura dovuta alla neve.
Le valli maggiori, e talune delle minori, sono percorse da torrenti pe­renni, eccettuata, come lo dice il nome, quella del Prroni That («torrente secco») ed eccettuato pure qualche tratto iniziale. Qualcuna, addirittura, presenta abbondanza di acqua, anche nell'estate, acqua chiarissima, per­ché di sorgente, come nella Valbona. Non sono rare le cascate, specie nel passaggio dai calcari agli scisti sottostanti. I torrenti delle Alpi Albanesi sono ricchi di pesci, in particolare di trote. Ma la pesca, come la caccia, non è quasi affatto praticata dalle popolazioni locali.

Le Alpi Albanesi conservano tuttora grandi boschi, nonostante le di­struzioni operate per mezzo del fuoco allo scopo di aprire nuovi pascoli. Per il forte rilievo, presentano grandi contrasti nella vegetazione, in ispecie dal lato che guarda verso il lago di Scutari, ove le pendici più basse sono rivestite da vera macchia mediterranea con filliree e querce sempre­verdi, frequenti melograni, grandi esemplari di bagolari e di noci, col­ture d'olivi e di viti. Ma salendo, attraverso boschetti di castagni e bo­scaglie di querce e nocciòli, si passa, su in alto, a foreste di faggi ed anche di abeti e di pini: il faggio si trova talora mescolato con gli elementi della macchia mediterranea. Infine, già ad altezza relativamente modesta, si entra nella zona dei pascoli alpini o più spesso delle aspre e nude pie­traie degli altipiani carsici e delle creste. Il limite del bosco si trova tal­volta a soli 1400 m., di rado sopra 1700 m.; certo le condizioni orografiche possono in molti punti essere responsabili di un limite cosi basso, ma non è improbabile che vi concorrano le condizioni climatiche, forse l'ab­bondanza e la persistenza fin all'estate del manto nevoso. Assai frequenti sono le radure prative, a tutte le altezze.
I boschi delle Alpi Albanesi rappresentano una cospicua ricchezza. In massima parte essi sono però abbandonati a se stessi; né poteva del resto essere altrimenti, mancando le strade. Solo dal versante sud-occidentale e dalla zona del Cukali, legna da ardere e carbone, un po' di legname, ve­nivano portati sul mercato di Scutari.[…]

L'economia delle Alpi Albanesi è fondata più sulla pastorizia che sul­l’agricoltura. Le superfici coltivate formano piccoli lembi dispersi, nel­l'insieme insufficienti a nutrire anche la scarsa popolazione locale. Mais, un po' di frumento, d'orzo, di tabacco, di ortaggi, qualche albero fruttifero, sono colture diffuse in tutta la regione, che si avvalgono spesso del­l'irrigazione, con acqua condotta talora di lontano, per mezzo di impianti primitivi. Oliveti hanno soltanto le basse pendici occidentali e la valle del Kiri; la vite si addentra più all'interno, fin verso 700 m. d'altezza. Ma il Malissoro - cioè il montanaro - è soprattutto pastore ed alleva bo­vini, pecore e capre, che pascolano nei prati del fondo delle valli, gene­ralmente piccoli ma buoni, nelle radure del bosco e nel bosco stesso, e nell'estate sui pascoli delle zone più alte.
La pastorizia delle Alpi Albanesi è solo in parte seminomade, poiché una parte del bestiame compie spostamenti assai limitati, cioè dal fondo delle valli alle testate, alle alte conche, ai pianori situati sopra il limite del bosco. Alcune tribù si limitano a questi periodici spostamenti in al­tezza. Altre sono bensì migranti (Klementi, Hoti, Kastrati, Boga, Shkreli), ma solo una parte del bestiame, e quindi solo una parte della popolazione, lascia periodicamente la residenza invernale, cioè quella parte che non troverebbe sul luogo pascolo sufficiente. Talvolta, quando in un'annata sfavorevole si fa più sentire la deficienza di alimenti per il bestiame, mi­grano anche altre tribù, come gli Shala. I terreni di pascolo invernale dei pastori migranti sono nella pianura attorno al Lago di Scutari, nella Bregubunës, nella Zadrima e nella Bregumatia, fin sotto Croia. Spe­cialmente numerosi, tra le popolazioni migranti, sono i Klementi, i quali, come già vedemmo, si sono fatti anche agricoltori, nella zona litoranea della Bregumatia, che essi frequentano da poco meno di un secolo, e dove soggiornano da ottobre a giugno. Annualmente sono alcune migliaia di persone che si spostano in carovane pittoresche fra la montagna e la pia­nura, con le mandrie e le greggi. Migrano le famiglie intere, comprese le donne e i bambini, portandosi, imballate sui cavalli, le scarse suppel­lettili delle case, ed impiegando da 4 a 6 giorni nel viaggio.

Ben scarsa è nel complesso la popolazione delle Alpi Albanesi, certo anche più di quanto comportino le sfavorevoli condizioni orografiche o la sterilità del terreno. La densità media è di appena una quindicina di ab. per km. Questa rada popolazione vive per giunta assai dispersa; nes­sun centro che meriti questo nome. Gli stessi villaggi constano generalmente di poche e misere case o di kula, a qualche distanza l'una dall'al­tra, né sono infrequenti casupole del tutto isolate, forse anche per la convenienza di sfruttare piccoli tratti di suolo migliore. Le stesse chiese sono di regola isolate, preziosi luoghi di sosta e di aiuto per il viaggia­tore straniero. Terrazze, conoidi e margini dei fondi vallivi sono i luoghi più ricercati dalle abitazioni permanenti od invernali. Queste penetrano appena entro la zona del faggio, anzi per solito non salgono a più di 850 m. Sui pascoli estivi sorgono capanne e casucce di pietre a secco, dette buni o stani, non di rado riunite a gruppetti, e situate spesso tra 1700 e 2000 m. d'altitudine. Nella parte orientale della regione sono particolarmente frequenti; se ne trovano anche serie a più altezze, utilizzate successivamente nella salita al monte o nella discesa, come si verifica in molte zone delle nostre Alpi.

La popolazione delle Alpi Albanesi è in parte cattolica e in parte musulmana; per numero prevale assai la prima, però le differenze tra il modo di vita e i costumi delle genti cattoliche e di quelle musulmane non sono gran che dissimili. Non mancano anzi casi di buoni rapporti e di matrimoni misti. La Malsija e Madhe è divisa tra popolazioni cattoliche, prevalenti, e popolazioni musulmane, mentre la Malsija e Vogel è quasi per intero cattolica. Gli abitanti della zona più montagnosa del­l'Albania vengono spesso indicati, sulle carte e nella letteratura, col nome di Malissori (1). Ma questa denominazione ha soltanto significato gene­rico di «montanari» ; le genti delle Alpi Albanesi invece sono distinte in parecchie tribù, ciascuna accantonata in un settore della montagna, e spesso divisa in più «bandiere» (bairak). Alcune tribù contano solo qualche centinaio di individui, altre invece raggiungono qualche mi­gliaio.
Nelle genti di queste montagne si vogliono vedere i rappresentanti più puri degli Albanesi. Comunque, i costumi, gli usi, la mentalità si sono certo mantenuti qui più aderenti a quelli tradizionali dei secoli passati. L'influenza turca non poté essere che minima in queste regioni impervie, tra genti fierissime, ben use al maneggio delle armi, armi continuamente esercitate nella «vendetta» (secondo una statistica di una quarantina d'anni or sono, il 30% in media dei decessi tra la popola­zione maschile della Malsija e Vogel aveva per causa l’omicidio). Tra questa rude popolazione montanara qualche mitigazione nei costumi è portata, in mezzo ai cattolici, dalla religione, e i parroci sono qui dei veri missionari.

Difficili e faticose comunicazioni hanno contribuito a fare di questa parte dell'Albania un cantone segregato, mal penetrabile. Per passare da una valle all'altra si debbono superare forti dislivelli su piccoli e spesso malagevoli sentieri, i valichi sono di frequente sopra 1500 m., e per re­carsi dalla parte orientale della montagna a Scutari occorre superarne più d'uno.”

1) Da Malsija, montagna. Se ne è tratta anche la denominazione di Malissia, per designare le Alpi Albanesi.

Melograni
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