Entrando in Albania dal Montenegro, e seguendo il tracciato di una precedente
via che arrivava in Albania dal lungomare meridionale della Dalmazia,
non si può trascurare di fermarsi a Scutari (detta anche Shkodra
o Shkodër). Oltre ad essere il centro tradizionale della regione
culturale del Gheg, Scutari è una delle città più significative
e antiche del paese, come dimostra la fortezza illirica che la domina
e che già nel 500 a.C. controllava il passaggio a ovest della città,
dove confluiscono i fiumi Buna e Drin.
Un numero sempre maggiore di turisti occidentali compie questo tragitto,
in auto o in moto, come estensione di un viaggio sulle coste dalmate o
in Montenegro. In realtà le possibili vie di accesso dal Montenegro
oggi sono due: da nord, provenendo da Podgorica, e da ovest, venendo da
Bar o Ulqin.
Giunti a Scutari, l’alternativa è: fermarsi in città solo
per una notte e quindi proseguire verso sud, verso Tirana, oppure trattenersi
per alcuni giorni e visitare con calma Scutari e i suoi dintorni, programmando
una gita sul lago, una visita alla spiaggia di Velipoje o un’escursione
più impegnativa nei villaggi delle Alpi Albanesi. Anche la permanenza
più breve non potrà comunque fare a meno di includere la
visita alla fortezza, da cui si gode un indimenticabile panorama.
Una tipica casa fortificata, detta “culla”, nella Zadrima
Se si decide di proseguire, altre tappe interessanti prima di Tirana
sono Lezhe e Kruje.
Lezhe, l’antica Lissus, presenta resti imponenti del castello. Insieme
a Scutari e a Kruje, questa città conserva infatti evidenti segni
del sistema di incastellamento illirico.
Kruje, è il centro dell'identità nazionale albanese, dove
Skanderbeg si stabilì per molti anni nel XV secolo per difendere
la città dagli Ottomani, che riuscirono a conquistarla solo dopo
la morte dell’eroe, occupando la fortezza. Nella parte superiore
di questa, nel 1982, è stato allestito il Museo Nazionale, dedicato
alla lotta degli albanesi contro il nemico, e a Skanderbeg in particolare.
Interessante il piccolo borgo ai piedi del castello e la strada che
conduce ad esso, con un succedersi ininterrotto di botteghe artigianali.
E infine Tirana, che divenne capitale dell’Albania solo nel 1920.
La città ha un centro che vuole richiamare quelli delle altre capitali
dell’Europa orientale, con i suoi ampi viali e la grande piazza
centrale, anch’essa dedicata a Skanderbeg, su cui si affacciano
i principali monumenti, tra cui l’antica moschea di Ethem Bey, l’Opera,
il Museo Storico Nazionale e il Museo Archeologico. Senza dubbio Tirana è la
città albanese che sta vivendo le maggiori trasformazioni in questi
anni grazie, non solo al fiorire delle attività economiche e sociali,
ma anche ad una decisa opera di ristrutturazione architettonica che è iniziata
colorando i mastodontici palazzi della zona del block comunista con i
colori più vivaci, dal giallo al rosso al blu.
L’influenza combinata del Mare Adriatico e del Lago di Scutari,
che riceve le fresche acque delle vicine Alpi Albanesi, fa sì che
le condizioni climatiche della conca scutarina siano particolarmente felici.
Il clima è sostanzialmente mediterraneo, ma presenta particolarità dovute
all’influenza dei due venti che spirano qui con alternanza stagionale:
il freddo e secco “Murlani”, che si fa sentire nell’inverno
e occasionalmente in autunno; il caldo e umido “Shiroku” nelle
altre stagioni.
Grazie alla conformazione del rilievo e al clima, l’area può contare
su una grande ricchezza d’acqua. Il sistema idrografico principale è quello
che lega il Lago di Scutari ai fiumi Buna e Drin. La Buna è l’unico
fiume navigabile in Albania; nonostante il suo breve corso, 44 km dal
Lago di Scutari – di cui è emissario – fino al mare,
esso riceve dopo appena 1,5 km le copiose acque del Drin, che è invece
il fiume più lungo del Paese; la confluenza, subito sotto il Castello
di Rozafat, è uno dei nodi idrologici più interessanti dei
Balcani. La Buna sfocia nell’Adriatico creando un meraviglioso delta,
che oggi segna anche il confine con il Montenegro.
Un fascino particolare deriva da una vegetazione estremamente
ricca, soprattutto naturale ma anche coltivata. Non si pensi solo ai boschi
che si sono formati intorno alla città, sulle colline o sul Monte
Tarabosh, ricchi di pini, acacie, pioppi, cipressi, ma anche alla rigogliosa
macchia mediterranea che cresce spontanea, accanto alle coltivazioni di
olivi, lungo le rive del lago; alla salvia officinale – qui chiamata sherbel – che
viene raccolta in gran quantità dalle donne per venderla alle imprese
farmaceutiche straniere e che impregna l’aria di un profumo indimenticabile;
ai melograni selvatici che prosperano ovunque, deliziando la vista soprattutto
nei mesi della loro fioritura.