“La neve si scioglie quest'anno con molta lentezza sui monti.
Tuttavia il desiderio di cominciare a visitare le belle montagne intorno
a Scutari, lasciando l'Alpe propriamente detta per la stagione migliore,
ci fa rompere gli indugi e il 15 giugno [1897] partiamo col primo sole
per il Tsucali. Il valì vuole darci per forza un gendarme
per farci vedere che l'autorità della Mezzaluna non teme alcun
oltraggio; ma per la nostra sicurezza sarebbe meglio se potessimo schivare
questo onore. L'esperienza acquistata a Vraca ci fa ragionare così,
e non abbiamo torto. Ma è deciso che l'uomo dell'autorità debba
accompagnarci se non altro per qualche missione di fiducia sul nostro
conto. Ritengono infatti che nel dott. Hassert si nasconda un agente
incaricato di vedere e riferire; in me si vuole addirittura trovare un
ufficiale italiano ferito in Eritrea. Sotto la sua veste tedesca, l'Hassert è un
austriaco; mentre io rimango quello che sono.
Fuori di Scutari ci fermiamo alcuni istanti ad osservare sul campo
di manovra del Kiri gli esercizi alla tedesca eseguiti dalla fanteria
e dall'artiglieria della guarnigione di Scutari.
Traversiamo il letto abbandonato del Kiri, di questo fiume che è padrone
assoluto dello Stoj e di Scutari, causando inenarrabili danni con le
sue piene, ed entriamo nella Fuscia Stoj, che percorriamo per un tratto,
fra Golemi e Dragoci, seguendo la pista del giorno 13. Sotto Bocsi troviamo
il letto perenne del fiume che in questo punto è perfettamente
identico ai fiumi montenegrini lungo il loro corso nella pianura della
Zeta; anche il Kiri si apre il varco tra i conglomerati con le sponde
tagliate a picco e incassate, sulle quali abbonda la Scabiosa crenata, sicché l’acqua
si raccoglie tutta in un letto strettissimo e profondo che pare un canale.
L'acqua del Kiri è ricca di trote, come quella dello Zem ed in
generale di tutti i fiumi di queste parti, e sarebbe di molto vantaggio
coltivarle. Ma nessuno ha tempo da perdere neppure per pescarle per consumo
di casa.
Traversiamo il fiume sull'antico ponte in pietra (63 metri) [ponte
Mesi] tra Muselimi e Mesi: il paesaggio è molto bello dentro la
stretta valle del Kiri, fresca e verde, col Maranaj di faccia, svelto,
diritto e dominatore. I Turchi di queste parti coltivano anch'essi assai
bene il loro territorio; bisogna dire la verità che in Albania
il Turco è dappertutto molto migliore agricoltore del cristiano
e sa utilizzare benissimo l'acqua e il concime. Si direbbe che il Turco
abbia istinto di gran lunga più sedentario del cristiano, il quale è spesso
nomade e sopraffatto da nervosismo. Eppure il Turco, così attaccato
alla, sua terra ealla sua casa, non prova dolore - tanto è radicato
in lui il fanatismo religioso - a lasciare ogni suo bene terreno appena
il cristiano abbia scacciato il dominio del Califfo.
Qui se continuano gli oliveti dello Jubani, la vite vi è scarsa
a cagione dell’elemento musulmano che ne evita la coltura. Le macchie
sono formate di Pistacia Terebinthus, Punica Granatum, Phyllirea
variabilis, Fraxinus Ornus, Celtis australis, Quercus pubescens;manca
ogni traccia di Quercus coccifera.Contro la Shcala Masljarts
le rupi calcaree sono vestite di Hedera Helix e di Ephedra
campylopoda, tra cui spuntano la Zwachkia aurea, l'Onosma
stellatum e la Campanula piramidalis. L'olivo continua
sulla destra del Kiri.
La strada che noi percorriamo è quella veneta, la quale arrivava
fino a Drisht, ma quantum mutata ab illa!Il villaggio di Drisht
(80 m.) è interamente musulmano e benestante. La gente operosa
trae profitto dalla coltura del suolo e dal bestiame. Intorno al villaggio
gli orti si stendono a vista d'occhio e sono ben tenuti e irrigati; si
vede l'amore che questi Turchi portano alla terra. L'acqua superflua
viene conservata in conche e si vede che ne hanno imparato l'uso dagli
Arabi. Presso Drisht si trovano le rovine di Drivasto, celebre nell'antichità e
nel medio evo.
Le macchie di Drisht sono fatte di Punica e
di Paliurus; decisamente, la quercia coccifera. tanto comune
in questi paraggi e specialmente nei terreni calcarei, è sostituita
qui dalle due specie suddette che talvolta si vedono concorrenti, sicché l'una
riesce a sopraffare l'altra. Grandi gelsi e Celtis proteggono
le case del villaggio, gli orti, i campi e perfino la macchia. Un tempo
in questi posti era in fiore l'allevamento del baco da seta; la razza
di Scutari era ritenuta una delle migliori di Europa, ma ora è quasi
spenta.
Sotto la vecchia fortezza veneta di Drisht, sulla strada tagliata
nel calcare, è predominante la Punica. Dopo il calcare,
cominciano gli schisti coperti di Cistus salviaefolius. Erica arborea,
Arbutus Unedo e i primi castagni (140 m.). La Colutea arborescens è frequente.
Il ginepro è proprio tanto della formazione calcarea, quanto di
quella schistosa. Nella formazione schistosa non vi è più traccia
alcuna di Punica; un Vitex Agnus castus è arrivato
fin quassù. Nella stretta valletta continuano le coltivazioni
ortensi a cipolle, agli, porri, pomidoro e melanzane. Il tabacco è diffuso.
Andando innanzi, gli schisti sono coperti da Rhus Cotinus e Rhus Coriaria. Al
santuario turco di Turbé Jadrishti noto otto faggi grandiosi e
molta Phytolacca decandra.
Via via il paesaggio acquista carattere montano e diventa sempre
più bello, i castagneti si fanno fitti, l’Erica è grande
e l'Arbutus mostra le più svariate tinte verdi che si
possano immaginare. Anche lo schisto varia qui di colore: quello rosso
fa posto al biancastro. Le vallecole, numerosissime, si restringono sempre
più e coprono come di una fittissima rete in un labirinto questo
Tsucali tozzo e ampio che accoglie da solo le tre grosse tribù di
Postripa, Shlacu e Dushmani, cui alcuni aggiungono i Temali dello Jubani.
Lo Jubani, infatti, può anche considerarsi come una dipendenza
del Tsucali. In altre parole, questo monte si stende fra il Drin, il
Kiri, lo Sciala e il lago.
Tutte le vallecole hanno boschetti di castagno, il quale si mostra
molto attaccato dal Loranthus europaeus. La macchia montana è povera;
non vedo Carpinus duinensis, né Ostrya carpinifolia, così comuni
nei substrati calcarei. Sostiamo per il cibo al Proni Uj.
A 721 m. sopra il livello del mare troviamo il villaggio cattolico
di Mfeb la cui fontana è protetta da un bell'albero di Quercus
austriaca.Mfeb è un povero villaggio di montagna mezzo
distrutto dall'odio. Nelle macerie delle prime case abbandonate vegeta
l'Achillea abrotanoides. Il Cytisus nigricans èin
bottone e il castagno sta per cedere il posto alla quercia.
Cominciano i boschi cedui, il cui legname serve a far carbone che
si vende a Scutari. Con la quercia ritorna il calcare, il quale, da 800
metri in su, non ci abbandona più. Ci troviamo in una regione
di montagna deliziosa.
Nel territorio di Sbuc' (931 m.) comincia il faggio, che si va via
via formando in foresta a Ciafa Cajvat. Genista pilosa, G. tinctoria,
Vaccinium Myrtillus, Luzula albida, L. campestris caratterizzano
le prime formazioni erbacee accanto alla faggeta.
Il sentiero è mediocre e a tratti anche buono. Alla grande svolta
sopra Sbuc', dominando nel fondo della valle Urastregnit e Precali, ci
si apre dinanzi l'Alpe albanese, imponente nel suo bianco orrido di calcare
e di neve: sentiamo in noi vivo più che mai il desiderio di potere
finalmente penetrare nel mistero solenne di quei monti ignoti. La cima
del Tsucali ci sorge contro, coprendoci il panorama ad est e nord-est.
Qua e là alcuni affioramenti di schisto sembrano arrestare la
faggeta che cede il posto a praterie immense, splendide, variatissime
con ogni tono di colore. Dentaria bulbifera, Ophrys, Orchis, Gymnadenia
conopsea;poi Trifolium sp., Onobrychis Tommasinii,
Astragalus purpureus, Alkanna scardica ecento e cento altre specie,
che il tramonto imminente non consente di riconoscere, raccogliere, o
annotare, sono la flora bellissima che ha il Tsucali in questa metà di
giugno a circa 1200 metri. Lo Sciar ci apparisce lontano. L'Alpe albanese
domina sovrana sopra di noi. La Mirdizia, Ljuma, le montagne di Giacova
sono irrorate dalla luce opalina del tramonto. Il sole si tuffa nel mare.
La solitudine porta a sentire il mistero del creato e alle considerazioni
filosofiche intorno alla tristezza che copre questi luoghi abbandonati
in piena anarchia. Intanto ci interniamo nuovamente nelle faggete e troviamo
le prime tracce di neve, presso la quale il faggio comincia soltanto
ora e lentamente ad aprire le sue gemme.
Giungiamo ad un valico con praterie coperte di Crocus Heuffelianus,
Scilla bifolia, Ornithogalum tenuifolium, Bicchia albida, Orchis coriophora. Raccolgo
ciò che si può e poscia ci interniamo nuovamente nella
faggeta densa e immensa e interamente coperta di neve sulla quale abbiamo
da compiere un'ora di faticoso cammino prima di toccare la mèta.
Così giungiamo nella conca magnifica che il cavash Nicola
riconosce per quella, dove dormì il R. Console Maissa quando,
come poteva, andava in giro per i monti di Albania. La temperatura
dell'aria è a 10° centigradi e l'altezza 1650 m.
La conca è ancora qua e là nevosa; ma tra quindici giorni
sarà un prato e un pascolo meraviglioso. II silenzio è sepolcrale.
Quattro o cinque buoi abbandonati sono gli unici esseri viventi
intorno a noi: certo, essi sono sfuggiti ai razziatori dei poveri villaggi
sottostanti.
[…]
Alle cinque e un quarto del 16 giugno, siamo in piedi. La temperatura
dell'aria è a 6° centigradi.
[…]
arriviamo alle 7 sotto la cima del Tsucali, conosciuto dagli indigeni
col nome di Maja Mülecetit o Müleciis.
[…]
Alle 8 raggiungiamo la vetta a 1835 metri sul livello del mare. Il
panorama comprende tutta l'Albania dal suo arco della Maja Shkip Nish
fino allo Sciar, al Tomor, all'Acroceraunia, al mare. Scutari con la
sua fortezza, che ricorda una storia di millenni e di dieci dominazioni,
pare stendersi ai nostri piedi.
[…]
Attraversiamo grandi macchie di Fraxinus Ornus, Erica arborea, Arbutus
Unedo, Quercus Grisebachii e dopo mezzogiorno giungiamo al villaggio
cattolico di Nerfuscia, le cui case, distanti l'una dall'altra e intramezzate
da terreni coltivati a tabacco, ad angurie e meloni, danno un aspetto
originale a questo agglomerato, A Nerfuscia confluiscono copiose acque
(l'Alnus glutinosa vi è intorno frequente)
che questi paesani utilizzano come i Turchi di Drisht. Ho visto qui adoperare
per la prima volta il concime, dagli agricoltori cattolici.
Benché sia villaggio cattolico, Nerfuscia non coltiva che raramente
la vite e l'olivo, e, all'infuori della coltivazione delle cucurbitacee
suddette, in cui si mostra molto adatto, non sembra prediligere le varie
specie ortensi e di giardino dei finitimi villaggi musulmani.
Dopo Nerfuscia incontriamo il serpentino di Rentsi e dello Jubani
con l'identica vegetazione già ricordata in quelle escursioni.
Facciamo sosta nel piccolo pianoro di Nersana (157 m.) contro al Bardagnoli.
Il dumeto del serpentino con erica e ginepro ha qui notevole sviluppo.
Traversiamo il Proni Lodertmus, una valletta strettissima che si
apre il varco attraverso il colle e poi dilaga nella pianura del Kiri.
Il Vitex Agnus castus copre i margini della valle.
Abbiamo tempo di sostare un poco alle case di Muselimi e poi di prendere
un bagno nel Kiri prima di giungere comodamente a Scutari per la cena.”