“II mio Kel, il servo di fiducia, mi dice press'a poco, una sera, in tono misterioso, nel suo italiano albanese: «Signore, oggi ho pulito con l'acqua bollente l'osso (lo sterno) della gallina e l'ho guardato attentamente; esso mi ha detto che dobbiamo andare in Mirdizia. Signore, l'osso non sbaglia mai per chi lo sa leggere, ed io ho scommesso molte volte del danaro, cinque, quattro contro uno, ed ho sempre vinto. Signore, andremo dunque in Mirdizia?» II viaggio, a dir vero, era già stato combinato tra Hassert e me, prendendo consigli dal Console francese Degrand, uno dei pochi che conoscono magnificamente quell'interessante e misterioso paese sul quale si dicono tante meraviglie ed esagerazioni. Ed il signor Degrand ci aveva entusiasmato, parlandoci delle caratteristiche storiche ed antropogeografiche di questa Mirdizia, che si stende fra il Drin e il Drin Nero ed il Mati, sovrasta Cruja e Dibra ed è meno nota di un paese del centro dell'Africa, con una gente fiera e bella, coraggiosa e intelligente, che alcuni dicono illirica o pura albanese ed altri slava, ricca di costumi quasi proprii e un folklore originale. Noi non vogliamo fare delle indagini etniche o sociologiche, contentandoci di vedere il paese come geografi e naturalisti, e con questo programma la mattina del 24 giugno partiamo per cominciare l'interessante escursione, alla quale dedicai il resto del mese di giugno fino al 2di luglio. Il Governatore di Scutari era molto preoccupato per questo viaggio. Tuttavia egli ci dava un suvari (gendarme a cavallo) per illuderci sulla autorità del Governo nella Mirdizia e ci prometteva l'assistenza della gendarmeria locale, che dipendeva da lui sì e no di nome.”